Archivi categoria: Secondo me…

Missione compiuta? Sì

«Missione compiuta!» Dopo la prova di oggi, lo posso finalmente dire. L’ho scritto in occasione della prima missione e lo ribadisco oggi al termine dell’ultima: “È ovvio, è un gioco, non è la vita, ma la serendipità è così… un giorno, guardandomi indietro, potrei trovare proprio nell’esperienze di questi giorni l’illuminazione che cercavo”.

Un’esperienza entusiasmante, divertente e impegnativa allo stesso tempo. Affrontare ogni giorno una prova ha significato rivisitare costantemente ogni mio schema mentale, considerando la natura delle missioni. Le sensazioni che ho vissuto sono state in tutto e per tutto autentiche: dall’imbarazzo denotato dal mio costate trasudare, alla prolissità quando cercavo di giustificare il mio atteggiamento con le persone coinvolte dalla candid, passando per la gioia quando raggiungevo l’obiettivo preposto.

Un mix di emozioni che non avrei mai vissuto se avessi avuto uno spirito rinunciatario. E, davanti ad alcune prove, la tentazione di “evitare di mettermi in gioco” c’è stata, ma per fortuna quella di farlo è stata più forte. Per superare molte prove, oltre alla caparbietà, è stata fondamentale la fantasia. Senza dimenticare quanto la sorte abbia avuto un ruolo cardine, come era ovvio che fosse in un gioco basato sulla serendipità…

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15.07.2012

La nemesi del gratta e vinci

MILANO (Día-río) – Tentare  la fortuna con un gratta e vinci, qualcosa di tristemente quotidiano, persino ossessivo, per molte persone, qualcosa di allegramente allettante, da fare una volta all’anno, per altre. Qualcosa da fare nella solitudine della propria dipendenza, qualcosa da fare goliardicamente in compagnia degli amici, qualcosa che, in ogni caso, molto difficilmente si fa insieme ad uno sconosciuto.

La terza missione, che ritengo la più semplice fin’ora svolta, aveva come soggetto principale proprio il gratta e vinci. In breve: dovevo presentarmi in una ricevitoria comprarne due, grattarne uno io ed offrire l’altro ad uno sconosciuto. In cambio, avremmo diviso la vincita. Semplice perché – diversamente dalla prima e dalla seconda missione ­– offrire a qualcuno la possibilità di vincere qualcosa immediatamente, e gratis, è oggettivamente più facile che chiedere a qualcuno di regalarti qualcosa di suo. Anche se gli assicuri che sarà ricompensato.

Il problema principale è stato…

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11.07.2012

Una missione da compiere

MILANO (Día-río) – «Missione compiuta!» Due parole che tutti nella vita vorremmo e dovremmo pronunciare più spesso. Segno di vittoria, che non vuol dire necessariamente la sconfitta di qualcun altro, ma semplicemente il trionfo su noi stessi. La prevaricazione della nostra volontà contro quell’inoperosità mentale – e fisica – che spesso ci contraddistingue. Icona di qualcosa che si è portato a termine grazie a noi stessi e nonostante noi stessi.

Sono le due parole che spero di pronunciare alla fine di questa settimana di prove milanesi. È ovvio, è un gioco, non è la vita, ma la serendipità è così… un giorno, guardandomi indietro, potrei trovare proprio nell’esperienze di questi giorni l’illuminazione che cercavo. E di esperienze ne vivrò e come. Frangenti, sguardi, incontri, strette di mano, rifiuti e sorrisi, tutt’una serie di impronte spontanee che raccoglierò sulla pellicola – che poi pellicola non è – della mia fotocamera.

Oggi, primo giorno, ho capito che in 26 minuti, e senza essere un professionista dell’accattonaggio avrei potuto raccogliere qualcosa come 6 euro. La cosa mi fa pensare. Chissà quanti giornalisti come me, quei soldi se li sognano per un pezzo. Rischiando, possibilmente, querele o minacce varie.

A parte le mie noiose considerazioni, mi sono divertito. Dovevo fingere di…

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09.07.2012

La fine del dibattito politico

Ed improvvisamente rivaluti i politici ed i talk show politici della vecchia, ma buona e cara, Italia. Quelli dove i burattini (inclusi i giornalisti) di destra, centro e sinistra s’incalzano con toni esasperati (ed esasperanti) sempre e solo, rigorosamente, a suon di minchiate e panzane. Per la gioia dei telespettatori che ogniqualvolta ne escono frastornati e più “bianchi” di prima.

Rivaluti perfino quelli che, tutt’al più, due ceffoni, tante urla ma niente di più. Inclusi i talk show duri e puri dove tra lacrime, tradimenti, tette e culi, si arriva a parare sempre in qualche zuffa coatta tra bellocci. Ma niente di più.

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L’ex-ministro Gelmini e il bosone di Higgs

Individuato il bosone di Higgs, la cosiddetta particella di Dio, mi viene in mente quello che potrebbe essere il pensiero dell’ex-ministro Maria Stella Gelmini…

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Qui ogni giorno si rischiano nuovi casi Aldrovandi

È successo ieri a Piacenza, dopo la vittoria dell’Italia contro la Germania. Senza entrare troppo nel merito – considerando che il video mostra quanto è accaduto già a “zuffa” cominciata –  dalle immagini si vedono almeno due atteggiamenti sbagliati delle Forze dell’Ordine:

1- La pistola in mano, che sembra eccessiva.

2- Quello che spintona, perché ci sta che se sei un cc ti incazzi se ti schizzano l’acqua mentre lavori, però o arresti per “oltraggio” o lasci stare ma non vai a spintonare.

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Colombia no pudo con la vinotinto. Culpa de Leonel

No sé Leonel Alvarez que partido vió. ¿No veia qué en el medio estavamos pesados y cansados? Se demoró en los cambios y nos condenó a perder un partido dominado, como estava pasando en La Paz en la pasada jornada.

¿Qué sentido tiene hacer un cambio (Moreno) faltando un minuto? Que le dé aire antes al equipo, cuando sirve. Venezuela hizo cambios antes y generó nuevas energias y más velocidad.

Se veia hace mucho rato que en todas la jugadas Guarín ya no podia, le tuvieron que dar calambres, en vez de haberlo dejado descansar. Y más aún que con Argentina lo necesitamos fresco.

Toco que Comesaña fuera a decirle de hacer el segundo cambio a los 85 minutos (Quintero, que no habia hecho ningún calentamiento previo,), cuando ya era tarde… ¡Por Dios!

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ONU, finalmente affianco ai ribelli in Libia

Amo la pace e odio la guerra. Detesto quotidianamente chi usa la forza per ottenere qualcosa. Ma di fronte ad un popolo sopraffatto, che da giorni lotta per ritrovare i suoi diritti e la sua libertà, non posso che essere d’accordo col sostegno concreto che da stanotte daremo loro. L’ONU, l’insieme delle nazioni, affianco ai ribelli in Libia, contro il tiranno arrogante.

Per conquistare quegli stessi diritti e quelle stesse libertà che qualcuno un giorno conquisto per noi… Spargendo il proprio sangue, aizzando il proprio spirito, innalzando la propria anima.

Col passare dei giorni cominciavo a non crederci più, per questo, con ritrovato piacere, dico: finalmente!

Qui la risoluzione del Consiglio di sicurezza che con 10 favorevoli (Francia, USA, Libano, Colombia, Bosnia Erzegovina, Portogallo, Regno Unito, Nigeria, Sudafrica) e 5 astenuti (Russia, Cina, Brasile, India e Germania) ha approvato.

Per me, un esempio di Giornalista

In questi giorni Antonio Condorelli è stato a più riprese accusato dagli editori di esser stato “riverente” e “parziale”, di “copertura”, di aver utilizzato il giornale in modo “personalistico ed autoreferenziale”. Oggi scrivono “TUTTI GLI ARTICOLI PUBBLICATI HANNO AVUTO LA NOSTRA PIENA CONDIVISIONE”. Oppure “continueremo ad offrire spazio ad Antonio Condorelli”. Difficile da capire, forse Condorelli non era poi così “parziale”. La miglior risposta sta nelle inchieste e i reportage riportati sul giornale in questi mesi.

Lo hanno accusano di essere di parte per il suo passato da militante. In realtà, in 6 mesi di Sud, ore e ore in redazione insieme, non ho mai visto nulla – e sottolineo nulla – che lasciasse trapelare il minimo strabismo, né tanto meno il desiderio di usare il giornale come “strumento di propaganda di fazione”. Figuriamoci derive razziste o antisemite. Sempre attento esclusivamente ai fatti, alle carte, alla verifica delle fonti. Massima libertà d’indagine e di proposte per tutti noi collaboratori (sinistroidi e destroidi, ex compagni ed ex camerati, centristi ed apolitici). Peraltro tutti in blocco con lui. Per me, un esempio di Giornalista.

(Il mio commento a questo articolo di Walter Rizzo su Il Fatto Quotidiano)

Ecco cos’è per me lo sport. Niente di più e niente di meno

Metafora della vita

“Questo tizio non è mai stato condannato, quindi è un uomo onesto”. Certamente no!

“L’equivoco su cui spesso si gioca è questo: si dice quel politico era vicino ad un mafioso, quel politico è stato accusato di avere interessi convergenti con le organizzazioni mafiose, però la magistratura non lo ha condannato, quindi quel politico è un uomo onesto. E NO! questo discorso non va, perché la magistratura può fare soltanto un accertamento di carattere giudiziale, può dire: beh! Ci sono sospetti, ci sono sospetti anche gravi, ma io non ho la certezza giuridica, giudiziaria che mi consente di dire quest’uomo è mafioso. Però, siccome dalle indagini sono emersi tanti fatti del genere, altri organi, altri poteri, cioè i politici, le organizzazioni disciplinari delle varie amministrazioni, i consigli comunali o quello che sia, dovevano trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze tra politici e mafiosi che non costituivano reato ma rendevano comunque il politico inaffidabile nella gestione della cosa pubblica. Questi giudizi non sono stati tratti perché ci si è nascosti dietro lo schermo della sentenza: questo tizio non è mai stato condannato, quindi è un uomo onesto. Ma dimmi un poco, ma tu non ne conosci di gente che è disonesta, che non è stata mai condannata perché non ci sono le prove per condannarla, però c’è il grosso sospetto che dovrebbe, quantomeno, indurre soprattutto i partiti politici a fare grossa pulizia, non soltanto essere onesti, ma apparire onesti, facendo pulizia al loro interno di tutti coloro che sono raggiunti comunque da episodi o da fatti inquietanti, anche se non costituenti reati”.

Paolo Borsellino, Istituto Tecnico Professionale di Bassano del Grappa 26/01/1989

Aggiornamenti da Politicafia…

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Qualche arresto a Politicafia… Pesca grossa o fummo negli occhi?

48 ore dopo 48 arresti effettuati dai Carabinieri del Ros nell’ambito dell’inchiesta denominata Iblis (diavolo in arabo) a Catania si respira una area surreale, come se la città si trovasse nell’occhio di un ciclone. Calma apparente che precede l’uragano, la tempesta pronta a sradicare tronchi ben più pesanti dei nomi di chi è finito in manette.

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Collateral Murder, c’è poco da inventarsi un titolo diverso

È stato ripreso da un elicottero apache statunitense durante un’azione a Baghdad nel 2007. L’elicottero aveva sparato uccidendo 11 persone tra cui un fotografo e un autista della Reuters: i miltari avevano sostenuto allora che si fosse trattato di un combattimento contro “forze ostili”. Dal video non sembra: i responsabili della Reuters avevano chiesto che fosse reso pubblico il materiale girato dall’elicottero ma era stato loro negato. Il video è ora entrato in possesso di Wikileaks che lo ha appunto messo online. È abbastanza impressionante: nei ripetuti attacchi dell’elicottero vengono anche feriti due bambini. Per ora lo hanno segnalato solo la BBC e loHuffington Post, tra le grandi testate giornalistiche. (Anche Le MondeAl Jazeera: tra poco la daranno tutti). (Da Wittgenstein)

Oggi, ovviamente, un po’ tutte le più grandi testate giornalistiche ne hanno parlato, non potevano non farlo.

Queste immagini, che tanto ricordano quelle del film The Hurt Locker, sono un documento che dimostra quanto sia facile per molti militari uccidere qualcuno, quasi si trattasse di un video game e, infondo, la dinamica dell’attacco evidenza come quella del gioco sembra essere la migliore spiegazione, perché? Perché non c’è rischio. Si spara, infatti, contro indifesi ed inoffensivi civili e, addirittura, lo si fa dall’alto, dal robustissimo apache che non può certo essere abbattuto da una pietra o altro, che comunque non c’è stato. Si sale con le auto sopra i cadaveri, si spara sui soccorritori, si spara, si spara e c’è pure l’attesa snervante per poterlo fare. Un gioco perché si impreca e si ride, mancava solo la birra -non sappiamo se ci fosse- e la serata da sala giochi c’era tutta.

Io ho provato ad inventare un titolo, ma non  me ne veniva nessuno che non contenesse almeno un insulto di frustrazione contro gli assassini o meglio contro i giocatori.

Che brutta giornata per la chiesa! Due possibili casi d’insabbiamento

Sembra proprio che al Vaticano non imparino mai la lezione di Gesù: “conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Gv. 8, 32). La conferma, infatti, arriva da due fatti che, seppur diversissimi tra loro, hanno una caratteristica in comune: il segreto, intesso come offuscamento della verità.

Il primo per gravità, non solo perché coinvolge i vertici della chiesa -incluso il Papa Benedetto XVI-, ma anche per l’altissimo numero di vittime indifese, si parla di 200 ragazzi sordomuti, riguarda l’ennesimo caso di pedofilia e abusi. Come riportano i giornali che riprendono le accuse fatte dal New York Times:

Il caso è quello di un sacerdote americano, padre Lawrence C. Murphy, che lavorò in una rinomata scuola per sordi tra il 1950 e il 1974. Nel 1996 il cardinale Ratzinger, alla guida della Congregazione per la dottrina della fede, non rispose a due lettere sulla vicenda inviate dall’arcivescovo di Milwaukee Rembert G. Weakland. Dopo otto mesi il suo vice, cardinale Tarcisio Bertone, oggi segretario di Stato vaticano, incaricò i vescovi del Wisconsin di avviare un processo canonico segreto che avrebbe potuto portare all’allontanamento di padre Murphy. Ma Bertone, secondo il quotidiano, fermò il processo dopo che padre Murphy scrisse personalmente al cardinale Ratzinger spiegando che non avrebbe dovuto essere messo sotto processo perché pentito e in cattive condizioni di salute. (Dal Corriere della Sera)

Il secondo fatto, contorto, coinvolge i parroci della chiesa Santissima Trinità di Potenza, nel cui sottotetto fu ritrovato il cadavere di Elisa Claps, sembra infatti che la scoperta del corpo non sia datata 17 marzo ma questa risalirebbe a un paio di mesi fa.

Secondo una prima versione (fornita, a quanto pare, dal viceparroco don Vagno), a trovare il corpo sarebbero state due addette alle pulizie, madre e figlia, che comunicarono la notizia ai sacerdoti. Sul posto sarebbe stato notato un teschio. Le due donne, però, hanno negato e accusato il religioso di aver mentito. E don Vagno, nel mentre, si è chiuso in seminario da dove ha fatto sapere ai giornalisti che non vuole parlare. (Da Repubblica)

Due vicende, queste, per le quali bisognerà attendere la controparte con le relative smentite e chiarificazioni ma che, senza dubbio, hanno fatto passare una giornataccia in Vaticano.

Ho visto Experia.

Ho visto un gruppo di delinquenti,
col volto coperto e armati di bastoni,
prendere a calci e pugni le persone,
ho intuito il dolore,
ho sentito le urla,
ho toccato il sangue.

Ho visto gli stessi banditi,
dalla testa nascosta e con le mani coperte,
aggredire gli indifesi,
ho intuito la rabbia,
ho sentito i pianti,
ho toccato le lacrime.

Ho visto tali malviventi,
armati e nascosti,
assalire i disarmati e gli scoperti,
e ho capito la rabbia per quel dolore,
le lacrime di quei pianti
e le urla per quel sangue.

Ricordavo che i poliziotti inseguivano i cattivi,
ho visto qualcuno farlo con passione,
ho visto molti altri fare l’esatto contrario
e perseguitare i buoni,
coloro che stanno con la gente,
quelli che aiutano i più deboli,
e servire i cattivi e i potenti.

Da piccolo volevo sempre stare dalla parte dei buoni,
dei poliziotti, per sconfiggere i cattivi.
Oggi so che questo assioma è falso,
voglio sempre stare dalla parte dei buoni,
ma comprendo che questa non è sempre,
né per forza, quella delle Forze dell’ordine.

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L’ora di religione islamica, la giusta via per l’integrazione?

silenzio-preghiera

Domenica scorsa, mentre mi trovavo in un centro commerciale nel catanese, mi sorpresi al vedere un cartello con la scritta “S. Messa ore: 12”. Fu così che a mezzogiorno decisi di seguire la celebrazione lì, un po’ per comodità, un po’ per curiosità. Iniziai a cercare quello spazio riservato fra i negozi. La messa, celebrata da don Carmelo Testa, era già cominciata, c’erano almeno una trentina di persone e, sorprendentemente, c’era pure un musico che animava il rito suonando la chitarra, come se ci trovassimo in una parrocchia qualsiasi.

Nulla di eccezionalmente raro perché, tra l’altro, in molti luoghi pubblici esistono piccole cappelle. Ecco, cappelle, quindi spazi pensati e realizzati con un intento ben definito come avviene, per esempio, in molti aeroporti, ospedali e stazioni. Ed in effetti la cosa strana, per me, non era tanto il punto “fuori luogo” in cui si svolgeva la celebrazione, ma lo spazio riservato a tale funzione che, chiaramente, non era stato creato per quel fine, non trattandosi di una cappella ma di una via di fuga dello stabile. Un settore fra due negozi, con una profondità di circa 15 mt. per una ampiezza di 8 mt., il problema principale era l’acustica, peggiorata dal continuo via vai dei clienti domenicali nel corridoio adiacente. Certo, non si può pretendere che tutti i clienti del mall siano rispettosi nei confronti di chi, liberamente, sta celebrando la principale cerimonia cristiana. Anche se siamo in Italia, quindi un paese con una forte cultura del cristianesimo alla base, non possiamo obbligare nessuno a rispettare col silenzio l’attuazione di questo rito.

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Oggi io, immigrato, voto: il sogno della democrazia.

Ci siamo, oggi, a 25 anni, per la prima volta andrò a dare il mio contributo, a fare il mio dovere in quanto cittadino di sinistra italiano, cittadino perché abitante e residente di questa terra, anche se orgogliosamente di nazionalità colombiana.

So bene che si tratta semplicemente delle elezioni primarie e non certo di quelle politico-amministrative ma, certamente, avrò la possibilità di scegliere, democraticamente, il potenziale prossimo primo ministro della Repubblica, più precisamente, colui che oggi starà a capo dell’opposizione. Nonostante io sappia che, molto probabilmente, non potrò votare quando ci saranno le elezioni politiche, so che il mio contributo per la scelta del segretario del Partito Democratico è fondamentale proprio per il ruolo che il vincitore andrà ad occupare. Infatti, per il corretto funzionamento di ogni democrazia è necessaria una opposizione forte, quindi, il mio voto è fondamentale e lo diventa ancor di più quando alla guida del governo c’è un personaggio che cerca, in modi più o meno evidenti, di limitare la sovranità popolare di continuo.

La possibilità del voto a chi come me studia, paga le tasse, lavora, insomma vive nel territorio italiano è un segno che, lungi dall’essere antipatriota, rappresenta un importantissimo gesto di civiltà. Non capisco, per esempio, perché chi è di nazionalità italiana, ma vive dall’altra parte del mondo da decenni, possa votare per la scelta dei governanti di un paese col quale ha un rapporto non più da cittadino bensì, per quanto importante, soltanto affettivo; mentre, i numerosi immigrati regolari, che fanno parte delle scuole italiane, delle università italiane, delle fabbriche italiane, delle campagne italiane, delle città italiane, in definitiva del mondo italiano, non possano dare il loro voto per scegliere gli amministratori e i governanti della terra in cui vivono.

Ora, indiscutibilmente, la speranza sarebbe che questo non fosse un momento isolato ed unico, ma che spalancasse la via a tanti gesti di vera civiltà, perché credo fermamente che questa sia la chiave per ottenere un progresso reale, una garanzia dell’uguaglianza dei diritti civili, politici e sociali per tutti i cittadini, in altre parole “il sogno della democrazia”.

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