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Che brutta giornata per la chiesa! Due possibili casi d’insabbiamento

Sembra proprio che al Vaticano non imparino mai la lezione di Gesù: “conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Gv. 8, 32). La conferma, infatti, arriva da due fatti che, seppur diversissimi tra loro, hanno una caratteristica in comune: il segreto, intesso come offuscamento della verità.

Il primo per gravità, non solo perché coinvolge i vertici della chiesa -incluso il Papa Benedetto XVI-, ma anche per l’altissimo numero di vittime indifese, si parla di 200 ragazzi sordomuti, riguarda l’ennesimo caso di pedofilia e abusi. Come riportano i giornali che riprendono le accuse fatte dal New York Times:

Il caso è quello di un sacerdote americano, padre Lawrence C. Murphy, che lavorò in una rinomata scuola per sordi tra il 1950 e il 1974. Nel 1996 il cardinale Ratzinger, alla guida della Congregazione per la dottrina della fede, non rispose a due lettere sulla vicenda inviate dall’arcivescovo di Milwaukee Rembert G. Weakland. Dopo otto mesi il suo vice, cardinale Tarcisio Bertone, oggi segretario di Stato vaticano, incaricò i vescovi del Wisconsin di avviare un processo canonico segreto che avrebbe potuto portare all’allontanamento di padre Murphy. Ma Bertone, secondo il quotidiano, fermò il processo dopo che padre Murphy scrisse personalmente al cardinale Ratzinger spiegando che non avrebbe dovuto essere messo sotto processo perché pentito e in cattive condizioni di salute. (Dal Corriere della Sera)

Il secondo fatto, contorto, coinvolge i parroci della chiesa Santissima Trinità di Potenza, nel cui sottotetto fu ritrovato il cadavere di Elisa Claps, sembra infatti che la scoperta del corpo non sia datata 17 marzo ma questa risalirebbe a un paio di mesi fa.

Secondo una prima versione (fornita, a quanto pare, dal viceparroco don Vagno), a trovare il corpo sarebbero state due addette alle pulizie, madre e figlia, che comunicarono la notizia ai sacerdoti. Sul posto sarebbe stato notato un teschio. Le due donne, però, hanno negato e accusato il religioso di aver mentito. E don Vagno, nel mentre, si è chiuso in seminario da dove ha fatto sapere ai giornalisti che non vuole parlare. (Da Repubblica)

Due vicende, queste, per le quali bisognerà attendere la controparte con le relative smentite e chiarificazioni ma che, senza dubbio, hanno fatto passare una giornataccia in Vaticano.

Crocifisso dietro la lavagna.

Ecco cosa ne pensano nella scuola di Albano Terme dove è cominciato tutto.

crocifisso in classe

Crocifisso fuori dalle classi scolastiche perché la sua esposizione, “in particolare nelle aule – si legge nella sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo – limita il diritto dei genitori di educare i loro figli secondo le proprie convinzioni e il diritto degli allievi di credere o non credere”. Infatti, “la presenza del crocifisso può essere facilmente interpretata dagli studenti di tutte le età come un simbolo religioso” e perciò, prosegue la Corte, “può essere emotivamente inquietante per gli studenti di altre religioni o per coloro che non professano alcuna religione. Questo rischio è particolarmente presente tra gli studenti appartenenti a minoranze religiose”.

Con questa sentenza si dà ragione, per ora, alla signora Solie Lauti, residente ad Abano Terme in provincia di Padova, che fin dal 2002 aveva intrapreso una battaglia personale per ottenere la possibilità di educare i suoi figli in maniera laica e secolarizzata, senza la limitazione di quel crocifisso appeso al muro della loro scuola. Una vicenda questa, passata attraverso il Tar del Veneto, la Corte Costituzionale e, nuovamente, il Tar, per approdare, infine, alla Corte di Strasburgo. Adesso, il passo conclusivo – se il ricorso del governo italiano verrà accolto – sarà la Grande Camera.

La notizia questa mattina è su tutte le prima pagine dei giornali, che evidenziano le reazioni sulla sentenza da parte del governo, dell’opposizione e della Chiesa. In risalto la dichiarazione del ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini che in merito alla decisione della Corte afferma: “La presenza del crocifisso in classe non significa adesione al cattolicesimo ma è un simbolo della nostra tradizione. La storia d’Italia passa anche attraverso simboli, cancellando i quali si cancella una parte di noi stessi”. E continua dicendo che “nessuno vuole imporre la religione cattolica, e tantomeno la si vuole imporre attraverso la presenza del crocifisso”. Un’opinione, quella del ministro, condivisa largamente dal mondo politico, eccezion fatta per i Radicali e Rifondazione comunista che vedono nella sentenza un contributo verso la laicità dello Stato.

Per comprendere meglio l’opinione di chi vive giornalmente nelle scuole, facendo un passo indietro, siamo andati dove tutto è iniziato, ad Albano Terme, e abbiamo posto alcune domande ad Elena Fiorello Collaboratore Dirigente scolastico dell’istituto comprensivo statale Vittorino da Feltre.

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