È stato ucciso Vittorio Arrigoni. Come sempre in questi casi sarebbe meglio il silenzio, necessario per capire dentro e fuori da noi. Non lo conoscevo e sto leggendo il suo blog, Guerrilla Radio, solo adesso.
Non perché sia stato assassinato, lo definisco un eroe di questi tempi, che non vuol dire perfezione ma determinazione. La determinazione di chi ha la volontà di lottare per ciò che è giusto, ciò per cui nessuno protesta, ciò per cui “il mondo” non muove un dito, per cui ognuno di noi si volta dall’altra parte, perché è più comodo. Proprio così lo definirei, eroe!
Perciò linko solamente questo suo racconto da Gaza City che dimostra perché, senza rischiare di essere banale, questi attivisti possono essere considerati dei paladini dei diritti umani alla stregua di tanti grandi del passato.
“Prendi dei gattini, dei teneri micetti e mettili dentro una scatola” mi dice Jamal, chirurgo dell’ospedale Al Shifa, il principale di Gaza, mentre un infermiere pone per terra dinnanzi a noi proprio un paio di scatoloni di cartone, coperti di chiazze di sangue. “Sigilla la scatola, quindi con tutto il tuo peso e la tua forza saltaci sopra sino a quando senti scricchiolare gli ossicini, e l’ultimo miagolio soffocato”. Fisso gli scatoloni attonito, il dottore continua “Cerca ora di immaginare cosa accadrebbe subito dopo la diffusione di una scena del genere, la reazione giustamente sdegnata dell’opinione pubblica mondiale, le denunce delle organizzazioni animaliste…” il dottore continua il suo racconto e io non riesco a spostare un attimo gli occhi da quelle scatole poggiate dinnanzi ai miei piedi. “Israele ha rinchiuso centinaia di civili in una scuola come in una scatola, decine di bambini, e poi la schiacciata con tutto il peso delle sue bombe. E quale sono state le reazioni nel mondo? Quasi nulla. Tanto valeva nascere animali, piuttosto che palestinesi, saremmo stati più tutelati.”
A questo punto il dottore si china verso una scatola, e me la scoperchia dinnanzi. Dentro ci sono contenuti gli arti mutilati, braccia e gambe, dal ginocchio in giù o interi femori, amputati ai feriti provenienti dalla scuola delle Nazioni Unite Al Fakhura di Jabalia, più di cinquanta finora le vittime.
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